04.08.2006 Urbino
location: Fortezza Albornoz
foto e recensione: grazie a marlene
Quello tenutosi ad Urbino in quest’inizio agosto non è stato uno dei migliori concerti degli Afterhours.
A fare da cornice, una città meravigliosa da gironzolare su e giù senza meta, e il suo festival, fino a pochi anni fa uno dei più amati dagli appassionati di musica indie, oggi in apparente declino o, quantomeno, in veste dimessa.
Un tempo inizialmente incerto e una serata fredda, molto fredda, con pubblico scarso
completano in quadro ambientale.
Aprono nel tardo pomeriggio I Montecristo, che ci fanno da sottofondo nell’avvicinamento alla Fortezza Albornoz mentre i Forward Russia! ci accompagnano, anonimi, oltre il tramonto e I Calla forniscono un gradito, sebbene a momenti monotono, antipasto al concerto principale.
Nell’attesa lo sparuto pubblico si sparpaglia, lasciando crescere una certa sensazione di desolazione, ed è in questa situazione che salgono sul palco gli Afterhours.
Poche persone sottopalco, nelle prime 3-4 file, gruppetti sparsi un po’ in giro.
Non si è ancora esaurito l’intro, che attaccano frettolosi ( e magari anche un po’ freddolosi) è la fine la più importante.
Si è premesso che non è stato un concerto eccezionale:
in realtà non pare appropriato nemmeno definirlo “brutto”;
le canzoni “ci sono”, sono anche più belle, più complete o magari più rifinite, con questi ultimi arrangiamenti, e nel tempo a disposizione, poco meno di un’ora e mezza, il gruppo ne infila quasi una
ventina,
così chi ha voglia di cantare e sentire bei pezzi, specie chi mancava l’appuntamento da un po’, può non essere rimasto del tutto deluso.
Manuel Agnelli sembra in difficoltà con la voce ma da l’impressione di fare il possibile per tirar fuori una prestazione dignitosa e tutti sul palco paiono poco contenti dei suoni e un po’ molli, poco partecipativi.
A parere di chi scrive, a mancare è quello scambio palco-pubblico, l’empatia,
che rende un concerto qualcosa di più rispetto ad una mera riproposizione di pur belle canzoni.
Si può raccontare dell’ovazione all’attacco di Dentro Marylin, della silente partecipazione emotiva “durante” oceano di gomma e icebox, o del fiocco rosa che faceva bella mostra di sé sull’amplificatore dell’applaudito neo-papà Ciffo; alla fina rimane una fastidiosa sensazione di routine e una piccola delusione perché sappiamo bene che questo è un gruppo che sa dare molto più di quanto abbia potuto stasera.
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