07.09.2006 Genova
recensione: grazie a Vincenzo
Afterhours live a Genova
Il concerto che gli Afterhours hanno tenuto il 7 settembre alla festa dell’Unità di Genova si è svolto all’interno del Padiglione C della Fiera del Mare, normalmente utilizzata per ospitare stand di diverso tipo, specie gastronomici. In tale location si ha avuto un ulteriore dimostrazione di come non si riesca mai a trovare una sistemazione decente per la musica dal vivo; dopo i numerosi fischi del microfono della voce Manuel Agnelli ha ironizzato “certo che qui c’è un’acustica meravigliosa. Una piadina al tavolo 15!”.
Il concerto comunque è stato di buon livello, nella scelta delle canzoni da proporre il gruppo ha preferito lo stile ballata che contraddistingue i due ultimi dischi della loro multiforme carriera. Questo ha significato brani intensi ma non troppo veloci da cui si identificava bene la struttura dei brani tra aperture melodiche e momenti più rumorosi, una marca ben definita dello stile del gruppo. Il concerto è iniziato con E’ la fine la più importante e un Manuel Agnelli in forma che volteggiava il microfono in aria. Quasi subito il gruppo si è esibito in una delle sue più vecchie e famose canzoni, Dentro Marilyn eseguita in una versione abbastanza diversa, nei dettagli, da quelle presenti in Germi e nei due dischi di Siam tre piccoli porcellin, la chitarra non eseguiva gli arpeggi dell’intro il finale è stato dilatato: con intelligenza Agnelli ha glissato il pezzo più alto di tonalità del ritornello (“Che io m'accorga che so respirare”) prendendosi una pausa per poi urlare le ultime parole. È stato questo l’unico brano eseguito da Germi. Per mantenere lo stile ballata di cui si è parlato sopra Hai paura del buio? è stato rappresentato oltre che da brani aggressivi come Sui giovani d’oggi ci scatarro su (con tanto di fuochi d’artificio a base di saliva del buon Manuel!) e Male di miele, suonata come ultimo brano dei bis, anche 1.9.9.6. e una Come vorrei d’atmosfera eseguita con la tastiera suonata a 4 mani, il sax e il violino. La base elettronica di Milano circonvallazione esterna probabilmente non andava molto d’accordo con l’acustica del luogo…le parole rimanevano un po’ soffocate dai suoni. L’intensità di Non è per sempre è stata bene accolta dal pubblico che l’ha salutata con forti cori: nel corso della serata la gente preferiva ascoltare e cantare le canzoni piuttosto che muoversi, anche questo modo di vivere il concerto è stato necessariamente condizionato dal repertorio scelto dalla band. I brani suonati da Quello che non c’è sono stati suonati in maniera più veloce e aggressiva rispetto ai loro corrispettivi del disco, guadagnandone molto, in particolare Sulle labbra, Varanasi Baby e Non sono immaginario così come l’ipnotica Bye Bye Bombay che è stata cantata e vissuta dal pubblico in maniera molto coinvolta. La splendida Quello che non c’è è stata cantata e suonata in una maniera un po’ meno varia rispetto al disco: questa è stata un’impressione riferibile a diversi brani del concerto: il gruppo ha voluto puntare sull’intensità di brani non veloci e in questo era sorretto dalle ottime canzoni, però il modo di cantare di Agnelli che sul disco varia molto da strofa a ritornello, le intrusioni del violino di Ciffo o della chitarra dal vivo non hanno creato sempre quel cortocircuito emozionale che rivelano in un ascolto più intimo. Questo probabilmente anche per colpa della già citata acustica del Padiglione C.
Sono stati 6 i pezzi tratti da Ballate per piccole iene, più della metà del disco: i brani sono risultati ben rodati dal vivo, non scolastici e banali. Il concerto è durato circa due ore e i pezzi proposti sono stati più di una ventina, contando anche qualche brano in inglese non tratto da Ballads for little Hyenas o dai primi dischi in inglese, probabilmente delle cover che non ho riconosciuto. Il primo dei due bis è stata invece una cover di The long and winding road dei Beatles sulla cui paternità il gruppo scherza attribuendola tra le proprie composizioni. Agnelli poi si avvicina al microfono concludendo il concerto annunciando “e questa invece l’ho scritta io” e attaccando una rabbiosa Male di miele, ottimo saluto al pubblico genovese.